Anna Valeria Cipolla d’Abruzzo e le sue storie al femminile

Quando ho visto Anna Valeria Cipolla d’Abruzzo mi è subito venuta in mente Amèlie che abbiamo imparato a conoscere per il suo favoloso mondo. Credo sia semplicemente un fatto di capelli, di espressione o più probabilmente la mente che imbocca sempre strade surreali che ti portano a storie da scoprire, da respirare. Anna scrive, dedica sempre uno sguardo in più alle donne e a me questo piace, ecco perché ho voluto scoprire qualcosa su di lei. Le ho dedicato qualche riga in più, perché lo spazio qui non rispetta le regole rigide e se qualcosa è interessante non avrà alcun limite. anna valeria cipolla

Nasci a Bologna ma hai origini abruzzesi. Chi è Anna?

Spiegare chi sia Anna è complicato. Di sicuro era una bambina che viveva molto male la sua “abruzzesità”, per la quale spesso si è sentita esclusa. A scuola i compagni la chiamavano terrona, la prendevano in giro per un cognome tanto buffo, e lei sognava di avere una mamma che la domenica mettesse in tavola i tortellini in brodo di gallina, non la pasta alla chitarra con il sugo d’agnello! Di contro, quando andava a passare l’estate dalla nonna, a Vasto, veniva additata come “la bolognese” e quindi non riconosciuta neppure tra i bambini d’Abruzzo. Il suo accento-non accento viene tuttora interpretato come settentrionale al sud e meridionale al nord, per questo per tanto tempo Anna si è sentita una persona senza identità e ne ha scioccamente sofferto. Oggi invece, è una donna che ha compreso il valore delle sue origini, che è grata per essere stata allevata da abruzzese e per aver avuto dei genitori che hanno tenuto alto l’orgoglio delle proprie radici, ed è una donna che si sente ricca perché dentro sé ha il privilegio di custodire due realtà, quella emiliana e quella abruzzese, tanto diverse ma equamente meravigliose. Insomma, Anna è una “bologno-abruzzese”! 

Una dualità da non sottovalutare…

In me avverto questa fantastica dualità che mi rende, con tutti i miei pregi e i miei difetti, quella che sono. L’amore per Bologna è fortissimo; le sue strade le porto incise sulla pelle, dentro la pancia, le respiro anche di notte nei sogni che vivo. L’amore per la mia terra d’origine è altrettanto forte, sanguigno, fluttua dentro il mare che bagna la costa vastese, e l’ho voluto raccontare attraverso il personaggio di Ludovica nel romanzo “Nate con la coda” (Armando Siciliano Editore, 2013). Ci ho messo circa dieci anni per scriverlo e mi ha aiutata a conoscere quella me stessa di cui ignoravo perfino l’esistenza.

La passione per la scrittura è quasi nata con te, eppure agli inizi te ne vergognavi…

Non avevo il coraggio di confidarmi con nessuno. Oltre a vergognarmi, mi sentivo terribilmente in colpa! Come potevo io, che a scuola prendevo 5 nei temi d’italiano, arrogarmi il diritto di avere la passione per la scrittura? Eppure non riuscivo a castrarla… è da quando ho imparato a tenere la penna in mano che ho cominciato a inventare storie, è sempre stato più forte di me. A 30 anni, durante un periodo un po’ complicato che ha segnato diversi cambiamenti nella mia vita, una mattina ho preso tutte le paure, le ho annodate strette con il senso di colpa e le ho gettate dalla finestra. Poi mi sono scelta uno pseudonimo, Corallo, e ho inviato racconti in giro per l’Italia. A parte sentirmi molto più leggera, ho scoperto che ai concorsi letterari venivo notata e che ciò che scrivevo in fondo alla gente piaceva… ma chi lo avrebbe mai detto? Neppure io avrei scommesso un soldo su di me.

Eppure anni dopo ti hanno chiesto di far parte di una giuria letteraria in Sicilia

Quando me lo chiesero risposi che avevano sbagliato persona… non potevano davvero pensare che fossi in grado di giudicare lavori altrui! La Presidente de La Biblioteca d’Oro, la Prof. Santina Russo, non si diede per vinta, mi tampinò fin quando per la disperazione non accettai e alla fine è grazie a lei se ho avuto la possibilità di sperimentarmi anche in quel campo che, manco a dirlo, mi ha insegnato tanto. Lo stesso è successo quando mi hanno proposto di scrivere per il mensile emiliano Le Buone Notizie, diretto da Giorgio Albéri; sono stata presa dal panico e ho avuto la tentazione di rifiutare, solo che esperienza ed età questa volta mi hanno impedito di tirarmi indietro a priori. Gli ultimi cinque anni sono stati di grande crescita interiore. Oggi non mi vergogno più. Non mi ritengo affatto un mostro di bravura, intendiamoci, ma non permetterei più a nessuno di mettermi in testa la convinzione di non meritare l’appellativo di scrittrice. Oggi so di avere il diritto di scrivere, di coltivare il mio angolo di lettori e, quando ricevo critiche, non fuggo a nascondermi ma cerco di analizzarle con razionalità e di sfruttarle al meglio, se capisco che sono sensate e non sputate in aria senza un motivo. In primavera sono stata ospite di una scuola media abruzzese, in cui avevano dato da leggere uno dei miei libri agli alunni di I e II. Ebbene, ai ragazzi ho detto proprio questo: non fatevi imbrigliare i sogni! Se credete davvero in qualcosa, qualunque essa sia, impiegate tutte le vostre energie per ottenerla. Non sarà facile, tutt’altro, ma alla fine sarete ripagati.

Prediligi raccontare storie dalle sfumature femminili, da cosa nasce questa esigenza?

Da piccola mi identificavo in personaggi maschili, anche d’aspetto somigliavo più a un bimbo che a una bimba. Mio padre mi regalava trattori e barche di plastica con cui giocavo volentieri, le bambole mi piacevano ma la Barbie proprio no. Non mi sembrava un oggetto utile al divertimento, perché si trattava di una ragazza grande interessata solo alla minigonna, alle acconciature e a Ken. Io invece ero piccola! A me non importava nulla dei belletti, anzi, urlavo come una matta quando mia madre pretendeva di far passare il pettine tra i miei capelli aggrovigliati. Così, a volte, giocare con le bambine mi annoiava pure. Poi da adolescente ho scoperto la mia femminilità; ho imparato ad ascoltarla, assecondarla e ho compreso il gusto di mostrarla. Ho cominciato a provare interesse per testi di autrici donne e mi è venuto spontaneo scrivere a mia volta storie al femminile. Oggi racconto storie di donne perché mi piace indagare il mondo femminile, che è molto ricco, pieno di sorprese e poi è il mio, mi ci rispecchio.

In alcune occasioni spiacevoli mi son sentita dare della femminista, nel senso denigratorio del termine, ovviamente da degli uomini. Ma questo non mi ha scoraggiata, so quel che faccio e quel che voglio.

anna valeria cipolla

Anna durante una visita alla scuola media di Palmoli (Ch)

Hai scritto racconti e romanzi che non sono certo la stessa cosa. In quali preferisci raccontare le tue storie?  

Non ho una preferenza. Quando comincio a scrivere un testo non so mai di cosa esattamente tratterà, né se avrà la forma di un racconto o di un romanzo. In un certo senso sono i personaggi a decidere cosa fare della loro storia, io ne trascrivo soltanto la voce. C’è una frase molto bella di Salman Rushdie che dice: “I libri scelgono i loro autori; l’atto della creazione non è interamente razionale e cosciente”.

Spesso molti autori parlano della scrittura come un’esigenza. Cos’è per te?

Sì, anche per me la scrittura è un’esigenza, tanto che non riuscivo a rinunciarvi quando volevano a tutti i costi negarmela, ma è anche una sorta di amica. Ho sempre usato la penna come sfogo, come divertimento, come passatempo nelle giornate di pioggia. Spesso sono riuscita a risolvere intoppi sulla mia via semplicemente scrivendo, utilizzando la penna al posto dell’orecchio di un terapeuta. Ci sono momenti in cui il richiamo è fortissimo, poi possono passare mesi senza che senta la voglia di scrivere nulla. Non c’è una regola.

Progetti da realizzare domani?   

Vorrei terminare due testi rimasti in sospeso. Uno è un fantasy rivolto a un pubblico adolescente e l’altro è il seguito di “Nate con la coda”, il libro che mi ha dato più soddisfazioni in assoluto come autrice e come persona. Non so dire se ci riuscirò, come ho già spiegato dipenderà dalla volontà dei personaggi… Poi mi piacerebbe proseguire la strada del giornalismo, adoro andare alla scoperta di notizie! Una quindicina di giorni fa per esempio, ho preso il treno per Cesena e da lì un pullman sulla direttrice di Sarsina, impiegando tra andata e ritorno quasi otto ore di viaggio, solo per andare a intervistare degli sconosciuti, la cui attività di erboristi sull’Appennino tosco-romagnolo mi aveva colpita tanto da decidere di dedicare loro l’articolo del mese di dicembre 2015. La mia vita è così, non so mai dove mi condurrà e ho smesso anche di chiedermelo, la vivo e basta.

 

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